Aspettavamo l'uragano,
Vermiglio e ocra e turchese,
Tra sterno e
sterno,
Senza assaporare le pietanze del tempo
E della ragione.
Ingoiati,
Come fiumi sussurrati,
I miracoli della galaverna e
dell'imbrunire,
Ridevamo delle ombre,
Applaudite e poi obliate,
Nella
loro scimmiesca posa.
E rinchiudevamo
Con bottoni e occhiate
E unghie e
cuscini,
I cuccioli rubati al pianto,
Lasciati a morire di fame e sonno.
Fuori,
Nel fuoco fatato delle foglie,
L'autunno fischia un motivo,
Che
stentiamo a fare nostro.
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