giovedì 30 ottobre 2014

Briciole stellari

Il freddo farcisce il cielo buio di stelle: le inchioda quasi tutte, alcune le incolla. Gli echi dei colpi di martello rimbalzano sui tronchi, sui cartelli stradali, giungono ai sogni senza passare dalle orecchie. Loro, prese a coppie, ci guardano, a terne ci annusano pure; una in più e son già costellazione. Oppure è solo una tovaglia sbattuta: briciole di qualche divinità immaginata, della sua cena, o colazione.


domenica 19 ottobre 2014

Tacchino, Calvino, campane e limoni


Trovo che stare qui, a tirar manciate di sale di tanto in tanto sul tacchino, leggendo qualche riga, mescolando il soffiare furibondo dei peperoni sulla griglia al Frusciante, quello spannato degli Ataxia; con la marmellata di peperoncini e uno zampirone che arrossisce, e le campane, adesso, e la pianta di limoni che non matureranno ma son lo stesso vanitosi; con le gambe stanche, io, non i limoni, e i piedi che hanno ancora dimenticato i calzini, ecco, trovo che ci sia della meraviglia in questo, anche se non riesco a vederla bene adesso, ne la vedrò più.


sabato 18 ottobre 2014

Tuorli e nasi del diavolo

Me ne sono andato in bicicletta, oggi. C'era il sole.
C'era il profumo di granoturco raccolto.
Entrava nel respiro senza nemmeno bussare.

La dieta mussoliniana, che giunge con quota 90
mi fa bene e mi fa male.
Ho le gambe stanche, ma sono più leggero.
Ho più occhi e meno orecchie.
Le poesie non le scrivo più, perché fanno ingrassare.
Le storie, le penso soltanto.

Schivo le lumache, guardo il Sole con la meraviglia di un tempo
Di quando lo pensavo un tuorlo da rompere e mangiare, ancora caldo.
Divido la strada in tappe, tengo il conto di discese e salite,
ma poi lo perdo e non lo cerco più.

Sono partito con le tasche piene di nasi del diavolo, bellissimi,
Anche ora che non hanno abbastanza vergogne,
per arrossire del tutto e un po' restano verdi, vicino al picciolo.

Sono tornato con Calvino nella tasca sulla schiena, che ammiccava
Alle auto in sorpasso.
Non mi curo più di loro, non mi guardo le spalle,
Non metto più il caschetto blu:
Mi investissero, potrei non morire del tutto.

Ascoltavo gli Hardcore superstar, voi non sapete chi sono
E nemmeno io,
Ma aiutano tanto a pedalare
E all'arrivo
Fanno delle orecchie un bosco, e di quel bosco
Un fruscio di storni.
E son belli.
Gli storni, perché gli Hardcore
Non li ho visti mai.

Ho guardato e raccolto una rosa.
Penso sempre a lei, quando lo faccio.
Penso a che ne pensa, di me che ne riduco la vita
con un coltellino svizzero,
che le mostro un mondo diverso,
il regno degli uomini,
I piccoli pupazzi di plastica che occhieggiano dagli scaffali,
I barbapapà, la mia schiena china,
A volte, persino la TV.




mercoledì 8 ottobre 2014

gonnarlecchina

Oggi ero libero.
Ottobre dovrebbe essere stato il mese della disoccupazione, ma alla fine i giorni di festa saranno pochi. Pochissimi. E io non riesco mai a godermi davvero il relax, perché mi hanno cresciuto col senso di colpa delle cose da fare, e ogni volta che mi prendo un giorno finisce sempre che non me lo prendo veramente. Chi è come me sa di cosa parlo. In ogni caso oggi era uno di quei giorni e non sapevo cosa fare, o meglio, avevo almeno cento o duecento cose tra cui scegliere. L'unico punto fermo era la cena, bistecchina e verdure sulla griglia, ma per il resto potevo fare tutto. Pioveva, certo, così avevano detto, naturalmente sbagliando. Ma non mi sono infastidito: non volevo andare da nessuna parte, e anche se così fosse stato per me la pioggia è solo un colore, non è una cosa materiale vera e propria.
Pensavo, ieri, prima di dormire, che avrei potuto leggere. No, non leggere per piacere, o meglio, sì, per piacere, ma anche perché è un pdf che devo presentare, e quindi è un po' come una cosa da fare. Il che di solito mi fa godere le giornate... ecco, io sono di quelli che il relax se lo gode solo se sta facendo qualcosa, purtroppo. Leggere per gusto non lo è, leggere per gusto e perché s'ha da fare, invece, lo è. Ho appena finito, infatti, La luna e i falò di Pavese, e al di là di essere un libro bellissimo, mi serviva anche per costruirci delle analisi del testo per i quintini. 
Ma prima di leggere mi sono detto... metto a posto la stanza del computer. Ecco... in realtà l'ho riordinata il mese scorso, ma poi comincio ad accumulare carte, soprattutto.
Bollettini, ricevute, appunti, cose da scrivere, concorsi, messaggi, liste di cose da fare... certe cose stanno lì finché viene l'ora di buttarle via, perché finiscono sotto altre e sì, insomma... è la legge della carta, si sa. Quando devo riordinare faccio così: le prendo tutte e ci faccio un pacco. 
E poi, una alla volta, comincio a evaderle. Si, questo verbo che fa tanto impiegato.
Oggi pensavo di metterci un paio d'ore... non di più. Molte sapevo essere ricevute o appunti solo da archiviare, e copiare sul pc, o anche solo da buttare.
Però è successo che la prima carta, in cima al pacco, era quella là, quella lassù che vedete, scritta dalla nipote che scrive già. E allora mi sono detto... be', cominciamo da questa, che si sta a farle un disegnino?
Cinque ore, si sta!
Ecco... poi ho fatto una lavoro, una corsa e ora sono le sette, vado a preparare la cena e la giornata è finita. La vita va così, a volte. Sembra sprecata, sembra, ma alla fine, qualcosa ti resta.
Il disegno no, non dico quello, ché lo devo dare alla nipote. Ma per fortuna hanno inventato lo scanner, e così posso tenerlo lo stesso. E con il contrasto di paint posso farla anche più colorata di quella originale, la mia ragazzetta.
E' questo qua sotto. Mi basta, per pensare che la giornata sia stata salvata. Mi accorgo sempre più che la gente le butta via, non salva niente. E anche io tante volte faccio fatica, ci sono stati periodi in cui facevo fatica e non salvavo niente, neanche un bacio o una scopata, che sono le cose più facili e povere. Oggi invece mi è rimasta gonnarlecchina - l'ho chiamata così. 
Non è tanto bella, ma è simpatica. La lascio anche a chi passa di qui, ché i colori son medicine. 



Forastici amici

La luna piena ha perso uno spicchio, 
Conficcato sui tetti. 

Ascolto un concerto di Jeff, uno dei pochi, e bevo una birra da poco, 
Più fredda dell'aria intorno, ottobrina e asciutta. 

Calvino, Intonato, 
Si sottrae alle imperfezioni. 

Io annaffio le aiuole, rompo le noci, 
Accompagno le briciole fuori dalle tovaglie. 

Allungando la mano, tesa di coraggio, 
Azzardo e mescolo una grigliata di castagne. 

Poco distante, una lucertola, forastica amica, 
Suona di fruscii le foglie delle viole.


martedì 7 ottobre 2014

Finisce che


Finisce che ritorni con le mani 
Sugli occhi del tempo perché non veda 
Quanto lo hai sprecato regalandolo 
Al lavoro, 
All'aspettare in una fila, 
In un parcheggio, 
In una stanza senza mobili.

Hai messo le mani in tasca 
Ma non erano le tue, 
E non sai neanche se eran di giacca 
O pantalone.

C'era qualche riga piaciuta nelle parole lette, 
Poco altro forse solo qualche sorriso 
Dimenticato,
Sulle facce assenti o preoccupate.

Finisce che schivare un riccio 
Sull'asfalto 
Resta l'unica cosa salvata.



 

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