sabato 27 giugno 2015

Scorci


Torniamo dagli inferni
Con vesti e lingue stropicciate
Riponiamo le mani sotto ai cuscini, alle lenzuola
togliamo il sonno.
Le nostre madri raccolgono
Le zucchine troppo presto
Fanno la piega ai jeans
Danno del tu
Alle camicie e alle scottature.
Piangono spesso
Scorci d'acque chete che non avevamo notato
Nei nostri temporali.
Ci mescolano alla poca
Vita rimasta
Come fossimo l'ingrediente necessario
Di un piatto antico
E prelibato.


domenica 21 giugno 2015

Dimenticarne alcuno


Arriva l'estate e tu, 
Stendi chilometri e chilometri di bianca illesa voluttà
A separare le labbra
Une dall'altre e tue
Dalle mie
Ruvide
E meticolose.
Si mostra audace il brusio dell'ape
Che aveva nidificato in profondità
Stremato cala il suo silenzio
Sulle palpebre serrate di soavità
Del fiore,
Erano piovuti i baci
Dall'acquazzone improvviso dell'ebbrezza;
Chino, 
Tremante,
Li ho raccolti
Tra i denti
Separandoli
Senza stringere mai
Senza dimenticarne alcuno.



sabato 20 giugno 2015

Non hanno occhi


Non hanno occhi,
Ma se il sole indugia
Chinano il capo.


Briciole in cielo

Con le nuvole a sonnecchiare, 
Sopra piccolissime 
Feritoie d'azzurro, 
C'è anche un soffio pigro, 
Una toppa chiara fra i mormorii del mattino. 
É tutto laggiù, 
Tagliato come si fa per una pagina morta,
Dai fili della luce, 
Come se poi il buio, non si allacciasse 
Fin troppo alle cecità, 
All'umanità che scompare, 
Alle pietà perdute. 
Nemmeno a inchiodare le briciole in cielo, 
Troviamo la via di casa.


domenica 14 giugno 2015

Lampi grossi


I lampi della notte sono cresciuti
Hanno masticato e sputato il buio. 
Mi sono rimasti in bocca 
Sette lamponi 
Ma un solo piccolissimo seme
Aggrappato ai denti. 
E consegnato all'oblio della saliva. 
Com'è il destino di chi 
Non lascia traccia né prima né dopo 
Le labbra.


Al riparo


Sulla soglia
Seduto
Senza una maglietta e la pioggia che bussa a una scarpa, 
Davanti all'uscio spalancato,
Il latte scalda il marciapiede, 
La marmellata ammorbidisce una fetta biscottata.
L'ultima cena si è presa un'alba blu,
Una carezza con dita lunghissime
Da stiracchiare e far crocchiare i giorni. 
Ora mi alzo, piove di più,
Riempirò il bagnafiori:
Qualche pianta
Vive riparata.




sabato 13 giugno 2015

Nella bocca sdentata


Si ferma sugli orli sbreccati
Della foglia 
D'insalata la mattina
La lacrima di rugiada comprata da questa
Parca estate.
Cacciata
O cacciata via
Da una lettera dell'alfabeto
Esule
E dimenticata
Si fa suono
Docilissimo
Nella bocca sdentata
Della tartaruga.


giovedì 11 giugno 2015

C'è vento

C'è vento.
John Fante si è posato sull'asciugamano,
Fra le fragole sbiadite,
Come una farfalla inquieta e impaziente,
Leggerlo
E' una teoria ininterrotta
Di strappi:
A una riga un sorriso,
La successiva il cuore
Dal petto
Per le pena.
Bjork si è finalmente seduta nelle mie cuffie,
Facendosi capire,
dopo anni che l'ascoltavo e rimaneva in piedi.
Serviva una giornata così
Un silenzio da cercare nel suono
Che fanno le conchiglie
Mentre diventano sabbia.
Una signora sorridente
Dello stesso sorriso strappato
Viene a liberare il mio segnalibro
Rapito dal vento,
Che ancora c'è, ma si è nascosto
Vergognoso quanto un bimbo
Educato bene. 


mercoledì 10 giugno 2015

Frasche gracili

Ha spiovuto
Sereni mi ha accompagnato per qualche minuto
Lungo la strada
Percorsa dalle gocce sulle mattonelle
Mentre le trote riposavano calde sulla vite e la menta..
Vittorio era malinconico, rassegnato,
Sperduto nelle sabbie d'Algeria.
Ho salvato per lui nove anatroccoli
Catturati con un agguato degno
Del peggior ladro.
Il guinzaglio infilato ai nostri assoli
Stringe meno la notte
Scompare
Nel dormiveglia
Come hanno fatto i piccoli, beccheggiando, 
Fra le frasche gracili in favore
Di corrente.


martedì 9 giugno 2015

Dalle unghie al fiato

Mi sono chiesto e ho provato a specchiarmi nelle ciliegie, prima di mangiarle fino al mal di pancia.
Mi sono chiesto, sono andato a cercare, dove è nata questa giornata, e non sono riuscita a farla stare, in un pensiero lungo che sia unico. Troppe cose, troppa gente. L'ho dovuta fare a pezzi, a mattoncini, a grumi di memoria e scatole di varie dimensioni, vuote o piene, da impilare.
Una grande sono gli afgani del parco, gli occhi neri neri.
Gli ho portato marmellate, di mele, agrumi, persino ribes; pane scongelato, croccante, buono. Fazzoletti di carta, cucchiai e bicchieri di plastica, uno scatolone che mi hanno detto avrebbero diviso. Non avevano tempo per stare seduti all'ombra, c'era la ronda, i vigili con la faccia di merda presa a prestito dadi qualche finta madre, anima sporca, anima nera, parole che tradiscono cattiveria, ignoranza, egoismo. E con queste facce di merda in prestito giravano, e giravano, a scacciare il culi afgani dall'ombra, per mandarli via e poi ancora via. Un formicaio di formiche in fuga che altro non hanno se non quel che indossano. Era la prima scatola, la più grande di ieri. Subito dopo i chilometri di sudore e giri attorno al cimitero, a evocare nessuno. Subito prima i compiti le frasi lette, le piccole nozioni rubate. Il conto in banca da dare ai miei che si stupiscono di come sarebbe dovuto calare di meno e dai che anche questo mese ce la facciamo. E chissà, forse , forse il prossimo del tutto, penso io. Un'altra piccola scatola. E poi a casa e non sono nemmeno le dieci. E mio padre e mio madre che ne costruiscono a decine, di scatole, in pochi minuti. Mio padre che si diverte a guardare le oche piccole, la anatre litigare con le altre, quelle più grandi a tuffarsi, contare le uova, rubare ciliegie e restare senza radio e ostinarsi a non imparare a usare il condizionatore. Mia madre che si indigna, che vorrebbe regalare non sa nemmeno cosa, che raccoglie zucchine troppo piccole e ruba i lamponi ancora crudi, che vuole andare a trovare i vecchi, vecchi che non conosce, e che non ho tempo di ma non ho cuore di e penso a una giornata di vacanza che se ne va e va bene così, ce la porto. Una scatola via l'altra, una sopra l'altra, incastrate. Kappa che mangia l'insalata, i coniglia piccoli che crescono mentre li stai guardando. E poi il lavoro, le ciliegie portate, le tre ore incastrate per fare tutto, per stampare ricevute, aggiornare blog, scrivere mail, parlare e parlare e parlare, inviare a tutti una mail perfetta dimenticando l'oggetto. I compiti preparati, i libri per bambini presi, da leggere, da guardare, e poi correre, al caldo, sempre in macchina senza maglia e un mondo che continua a guardarti male. Ripetizioni, Cose altre, lontane, che sfioro. Scatole che non avrò. Passo dai libri, una scatola dimenticata, ché non ho messo i cinquanta centesimi nel coso delle offerti. Mi hanno regalato le favole, un mattoncino piccolo che è un libro di Saramago, e i racconti di Lovecraft, che chissà, magari rileggerò. La signora da salutare, adesso è vedova, ci sono le vacanza. Domani chissà, magari verrai qui, a dare una mano. Chissà, fra i libri, certo, ma sociale, no, lo sono troppo o troppo poco, non ho mezze misure. E poi lezione, quelle facce chiare, quelle scure, questi uomini schiavi di una idea perduta, di essere oggi meglio di ieri. E poi tutti questi nomi, che mi corrono davanti, dentro, a fianco, in testa. A frotte come le locuste. E la sera, mangiare, veloce, ciliegie una via l'altra, e poi scrivere, un pezzo, uno soltanto, di un procione con i testicoli giganti, e via, due km e mezzo a piedi nel buio, ascoltando i blur, altre bellissima scatola, con la birra gelata, e i lamponi salvati, e poi di nuovo  a casa, tutte le poesia pensate, e le cose dimenticate, scatole piene, perdute. 
Mi addormento come sempre con la luce accesa, il telefono sotto la schiena, una malinconia che galoppa feroce, dalle unghie al fiato.


lunedì 8 giugno 2015

Bestioni prossimi


Oggi ho mangiato tre lamponi, i primi,
Di rosso e di sapore timidi;
Al fianco, sul sedile, passeggeri esigenti,
Uova fresche e ciliegie rubate,
E quattro oche nate ieri, chiuse in una scatola di superbia,
Vanità.
Io schiaccio stringo taglio:
É tutto bello; 
Un bestione suona, inviperito,
Lo evito e la tenerezza s'impadronisce del pensiero
Sulle disgrazie paventate
Dalle mamme e quelli della loro specie
Alle carte in regola, ai numeri, alle mutande pulite...
E io che farei, che oggi non ne ho?
Aspetto il prossimo.
Avrà fanali accesi, più fretta, meno attenzione. Il prossimo,
Il prossimo, 
Il prossimo chissà.


giovedì 4 giugno 2015

Ammicca starnazza ride


Lei mi guarda dalla finestra e ammicca starnazza stride
Porta a spasso i miei vizi
Sulle mie dita umide
E dilaga nel mio cuore di terracotta
Che ascolto e riascolto
coccio dopo scheggia
Come se avesse attraverso tutta la verità
di oggi e di domani.
Hanno costruito una città sulle ali 
Di un coleottero, 
Sotto un lampione, sulla strada principale
Tesa è la mano di un mendicante
Cade la prima goccia
La terra scricchiola ansiosa
Di stremata voluttà.


martedì 2 giugno 2015

Baffi di zucchero


C'è un litro di latte, sul tavolo, andato a male,
Un moscone che sbatte sul vetro
Un baffo
Di zucchero vicino alla tazzina
Del caffè.
C'è quiete, fuori, sotto la luna a farsi grattare
La pancia
Viziosa.
Due o tre delle mie unghie
Sono ancora sporche di vernice,
Aspetterò mezzanotte, e me ne andrò camminando piano
Verso la piazza,
Con nelle orecchie il mio cuore di terracotta:
A ogni passo un coccio calpestato
A ogni passo
Dieci respiri smarriti
O fuggiti, che non ritorneranno più



 

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