venerdì 30 gennaio 2015

Scala sopra le gocce

Io ti vedo laggiù, dormi alla fine della strada. 
E non vai, non ritorni, 
Passo vicino a casa tua. 
Ma non so, non l'ho saputo mai, 
Dove abiti dove dimori, 
Dove nascondi le mani, 
Quando non accarezzi o non lavori. 
Ti ho portato il latte caldo. La luna tiepida di timori
In un piatto piccolo, con un cucchiaio storto, 
Condita con occhi bassi e re minori. 
Ora vedrai...
Appoggio la scala sopra le gocce, 
Ricamo il tuo nome sulle ferite. 
Sono quasi a casa, ma non so di chi.


lunedì 26 gennaio 2015

Fiati

Ti ho vista quando mi sei camminata incontro. 
Ti sei seduta sul mio respiro, eri stanca. 
Hai affondato le mani, avevi fame. 
Scalciavi e i capelli scarmigliati erano elettrici, 
disegnavano in aria le tue tenerezze. 
Quando ti sei alzata mi è mancato il fiato. 
Sono passati anni e devo ancora ricominciare a respirare. 
So che non tornerai, da allora 
Non ti sei seduta più.


sabato 24 gennaio 2015

La settimana


Sono giorni, mesi
Anche anni ormai,
Che la primavera non c'è più, 
Dura un attimo, la sera tardi, il tempo di una birra
Due parole ancora troppo sporche del lavoro del giorno, 
Del suo invadere, infiltrare, abbattere, deformare.
Poi arriva la stanchezza, a volo di drago,
O peggio ancora l'astio, la malinconia, 
E spellano i boccioli da ogni ramo.

L'estate, al sabato, è veloce, rapida, silenziosa.
Non si lascia accorgere, scorgere, toccare.
Il caldo della festa è una vampata di gioia, 
A volte la mattina non c'è, 
rimasta tra le piogge di una primavera che non c'è stata.
Finisce sempre in nostalgia di quella che era un tempo
e non può tornare più.

L'autunno a volte ha ancora colori tenui, raggi di sole,
è quasi meglio che piova, meglio svegliarsi presto
che dormire tardi.
Non è più l'autunno del tiepido, del lungo imbrunire,
Non è più l'autunno che a torso nudo, dimentica le magliette,
Ha sempre un velo di tristezza
e soffre di più il bussare di un inverno lunghissimo
che dura cinque giorni, e tantissime ore.


venerdì 23 gennaio 2015

Le tredicesima ora

Tredici, a contarle. Come si fa? A parlare di cosa poi? Tutto di file, con orecchie che un po' ascoltano, e un po' no. Cosa ho fatto in queste tredici sorelle? Che senso ha?
Parlare di Stati patrimoniali, di aspetti finanziari, di Verga e dei suoi spazi, dei nespoli e degli albicocchi, del mare e della strada, di Levi, della sua poesia, del suo treno, di fatture e di sconti, e di imballaggi, e di trasporto, e di passività, e di utile e delibera di assegnazione, e di pizza, di misteri, di acquisti e vendite e iva e poi di ciclo economico e di moneta e di hamburgher, e poi di iva, di aliquote, e poi di levi, di partita doppia, di diritto, di conto economico, e faccine, e poi ancora di dentista, di intrattenimento, di morte, di ... e insomma, parlare, e parlare.
Ma poi perché no, leggere due capitoli di levi, andare a prendere un assegno, e vedere ballare le vecchie e mangiare la pizza, e una brioche calda alla cioccolata, una non calda alle noci, un'altra fredda alla nutella, e una buona alle mele e uvetta, e i cracker ripieni, e la banana, e poi ricontarle, per essere sicuro che siano tredici, e poi le birre, la partita, e la mattina il computer, gli occhi che non si aprono e poi a chiedersi se è vita, se è questo vivere e perché, se poi amare sia solo e soltanto, infinita, ineffabile, 
nostalgia.


mercoledì 21 gennaio 2015

Unghie rocciose


Unghie rocciose
e smalto messo male.
Soffice neve.


martedì 20 gennaio 2015

Funambole

A volte mi confonde la superstrada, che non so come, si accorda alle stelle. Malinconia e tristezza e nostalgia salgono una sulle spalle dell'altra, allungandosi tanto da coprire il cielo scuro, dipinto di freddo. Come funamboli di un circo storcono le braccia, le gambe, il busto: vogliono toccarle a tutti costi, piangendo, capricciose, ma struggenti. E inascoltate.


giovedì 1 gennaio 2015

Di propositi no


Di propositi no, 
Nessuno ormai; 
Ma resta il gelo a imporre i guanti, 
Per separare le pagine davanti al mare, 
Che non vogliono saperne di staccarsi eppure, 
Basta un soffio, 
Uno sventolio. 
E così, come loro, vorrei 
Le giornate: 
Dense, irruenti, curiose, 
Separate solo da un paio di sogni e qualche respiro. 
Alla fine, la bassa marea, 
Non fa che aprire parentesi 
Di schiuma, senza chiedere
Di chiuderle mai.


Rifiuti


Era il vento, oggi, fortissimo sulla risacca deserta; 
Mi cadde uno scontrino accartocciato, 
Forse benzina o caramelle gommose, in ogni caso 
Già per sempre perduti; 
E cercai, senza successo, di rincorrerlo, 
Così come facciamo e ripensiamo, alle cose sfuggite, 
Che non avremmo voluto mai... 
E forse a cercarlo, magari 
Si sarebbe potuto riprendere, non sporcare, 
Non lasciare rifiuti di noi, ma
L'indolenza, il lasciar andare, la timidezza, l'astio, 
Ce lo impediscono. 
E' questo il pensiero mio di fine anno, 
Che genererà, lo so, 
Per me che ho molte tasche e pochi bottoni, 
I buoni propositi di domani.



 

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