sabato 21 aprile 2012

Piccole cose splendide, intorno.

Pensavo, ieri sera, di fronte a una distesa d'erba medica, munita di soffioni e un po' di pioggerella, appena dopo corso, in mezzo a campi che non conosco, fuori Sant Andrât, scelti a cazzo tanto per, mentre prima di toglier le cuffie ascoltavo Aerials, dei Soad, degna chiusura della corsa e del disco, e bevevo quell'integratore blu, tanto per bere qualcosa, con il culo sul parafango e niente fiatone, carezzandomi però questo quadricipide a cui chiedo di tornare come prima anche se non potrà più, ecco, pensavo alla pace, quella che tanti chiamano quiete, altri forse felicità, e io non la chiamo proprio, ché le cose che non hanno nome non vanno chiamate mai.
Pensavo che io avevo appena corso con un papavero in mano, piano, per non rovinarlo, ché un papavero ad aprile io non l'avevo mai visto, e se così era non lo ricordavo, e pensavo che ho fatto bene a coglierlo, in mezzo a tutti quei boccioli chiusi e pelosi, e a non esprimere desideri, ché tanto le cose che desideri ho imparato a cercarmele e trovarle, se vengono, e desiderare altro, e tanto, per quello che non verrà, e mentre ero preso in mezzo, quindi, tra un compleanno nipotesco - a farmi riflettere sul futuro che dovrei, sul presento che scelgo - e una visita a mio zio, per vedere le oche, sì, piccole oche covate da una gallina, mulatta, mista a un fagiano, per altro, vecchio ricordo di una sconosciuta che chiamavo zia, un tempo, che mi ha regalato fantasia e anticorpi lasciandomi inselvatichire per i campi, per i cortili, a rotolarmi tra capre cani e gatti, e quindi, dicevo, preso in mezzo, a queste cose, ché lo sapevo ero andato via troppo presto da una, e avrei fatto un po' tardi alla successiva, e tutto per lasciarci cadere in mezzo un'altra, che mi sono sentito di fare, ecco, lì in mezzo pensavo a trovare questi cinque, forse dieci minuti di niente, con tutte le cose in bilico, intorno.
Cose che non mi sono cercato e altre che invece sì, cose controllabili, come le danze d'occhi, ché basterebbe chiuderli e allontanare, o cose in agguato e mal nascoste, perché sanno che di lì, sarai costretto a passare, come le malattie, le morti, il tempo che lasci e hai lasciato libero, senza guinzagli.
Mica come la gente per bene, la gente dei figli, delle verità, del futuro, della moderazione, del buon senso... tutte cose che non ho, e forse mentendo, credo di non volere. 
E allora ecco che tornando, in macchina, con quel primo papavero sul cruscotto - quanto sono delicati, i papaveri? - nel giro di poco, ho visto un picchio, il culo giallo a disegnare seni in aria, ho visto un gatto sfiorato dal muso dell'auto, il muso suo, grigio, incosciente, bellissimo, ho visto soprattutto una nonna, in punta di piedi, sul nipote sul motorino - sì certo, oggi si chiama scooter - ad accomodargli la sciarpa, e lui, ed è questo che mi ha fatto chiudere il cerchio, lui senza vergogna, (così diffusa, adesso) a chinare il capo per una sciarpa che sì, era chiaro, si sarebbe tolta dopo pochi metri. E così, insomma, mi sono sentito bene, in quiete, pace, felicità, pur circondato da questi palazzi altissimi che so di saper fare e so che dovranno crollare, ma cosciente ancora di saper godere e salvare, queste piccole cose splendide, intorno.



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