martedì 19 giugno 2007

Per un pelo un temporale non mi ruba il rispetto


Venerdì sera volevo andare a correre, a solito parco. Erano le cinque e mi sono appoggiato sul divano. Addormentato di botto. 17.45 apro gli occhi. Più tardi ho una cena ma dovrei farcela. Sta per piovere. Che faccio? Vado lo stesso, mi dico. Sono ancora giovano e non ho paura di due gocce. Arrivo al parco alle 18.30 e ancora non piove. Scendo. Cuffie. Il cielo è nero. Nerissimo.
Allora che faccio? Prendo armi e bagagli e il broncio, per non aver corso, e torno sui miei passi. Vado a casa. Tento di fare una corsa nei campi dietro casa. Coi cani. Ma il cielo nero è dappertutto.
Bene, penso. Che merda, penso. E ok. Finita lì.
Oggi però torno al parco, un mio amico mi aveva detto che la bufera si è scatenata poco dopo le sei e mezza. Ma vedo cose impreviste. Alberi spezzati, sradicati, fulminati. Sentiero interrotto in almeno una dozzina di punti. Alberi crollati ovunque. Saranno una ventina. Cazzo, mi dico. E pensare che io volevo correre qui, nel momento in cui. Mi dico che sono stato fortunato. Altro che gioventù, è la saggezza della vecchiaia. Mi dico. Poi mi rendo conto che anche diecianni fa non sarei andato per boschi con quel nero. Non per questioni d’età, ma di rispetto. Il temporale va rispettato. Possibile che stavo per essere così irrispettoso, mi chiedo? Cose che ho imparato da piccolo parevano essere state dimenticate. Per fortuna, che all’ultimo, ma proprio per cinque minuti, sono riuscito a salvare il rispetto, che voleva farsi fredare dall’incoscienza. Per un pelo…



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