C'è un tasto dentro un occhio, un mare che annega in una lacrima, un gatto su un giornale, un giornale sopra il mare, una nave dentro un crocchio, e abbottona lo sguardo fino al collo.
Ci mangiamo le mani, fino ai gomiti, ai seni, alle ginocchia: del nostro niente facciamo poltiglia di carne grassa e gonfia, unghie distratte si fingono stelle nel firmamento dell'indolenza.
Con lame lunghe qualche chilometro, le piante mozze, i piedi matti e le loro danze, ci sistemiamo da poppa a prua di una nave lunga un millimetro.
E quando ridi, ridi rinchiusa dentro un bicchiere, e quando piangi, goccioli piano dal mio ombelico.
Sei ciò che ammazzerei, il bosco cresciuto nella radura, la carne cruda nel piatto senza cuore, sei l'ombelico aperto da dove sbircio la mia tortura.
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1 commenti:
Davvero un bello scritto. Prosa poetica densa che tocca il cuore.
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