C'era un tempo in cui sentivo la primavera molto, prima, a febbraio, quasi sempre. Era un sentire imponente, improvviso. Non necessariamente fatto di viole o natura. Una volta era capitato a un semaforo, ricordo, un'altra in casa, qui, davanti al monitor. E lì comincia l'anno nuovo. Ora non accade più, e non posso che dolermene, anche se il modo con cui è arrivata ieri è stato bello, dirompente, ma di un dirompente ovvio. Era ancora febbraio, tra l'altro, e non capita tutti gli anni, che l'anno nuovo cominci a febbraio. Forse è una questione di alchimie. Il sabato pomeriggio, l'alchimia di una corsa in un posto giusto, azzeccato, che ti deve venire in mente mentre vai. E anche se non ho trovato i calzini per, e ho usato gli altri, e mi fa ancora male un piede, e anche se poi, alla fine, le cuffie vecchie non hanno poi tutto questo volume, il resto è stato come fette biscottate cadute dalla parte del dorso, e non della marmellata.
Il posto giusto per parcheggiare, con quell'acqua che adesso è fredda e tanta e chiara, che solo se ci sei cresciuto, nelle risorgive, la riconosci, e ti è amica, quel verde dentro ai fiumi, che chiami rogge, dentro ai canali di scolo, che chiami sempre rogge, ma piccoline, è un verde che non serve descrivere, e portarsi le arance, ricordarsene, sbucciarle sul bordo, gettando le bucce in acqua, godendosi la gara tra l'una e l'altra, sotto il ponte, silenziosissimo, ecco, è stato perfetto.
E perfetta è stata la scelta degli Audioslave, ascoltati tutti, interi, con quel primo disco che solo poi, dopo mesi che non l'ascolti, capisci quanto era bello, che a togliere due o tre canzoni, troppo morelliane e/o troppo gnagnose, sarebbe stato perfetto, ma che male c'è a fare volume, quando la cosa perfetta è dentro?
E poi, l'albero bello, uno tra i miei preferiti, io che conosco gli alberi anche se non per nome, lui che l'ho fotografato tante volte, che ora è senza il ramo più grande, che aveva fatto porta, una volta, E che aveva sotto i crochi... pochi, magari, ché i crochi sono come le mosche e possono uccidere le cose, quando sono tanti, ti assalgono, e uccidono le cose, quelle brutte, però. E tanti ce n'erano, prima, in un campo, che non fossi stato a piedi non avrei visto, e invece ho visto, ed anche questo è primavera, come lo è ascoltare solo canzoni belle, anche se normali, accendendo la radio, che povera, anche se tornano i blur e i faith no more e i modest mouse lei ci fa sentire gallagher e gli u2 ma è sempre meglio di niente, e fanno anche loro primavera.
Come la fa la voglia di mare, e le viole, a casa, che sono anche loro arrivate. E anche pagare le bollette, avendo i soldi, e pagarle tutte, tre settimane prima, è bello e allora sia, primavera, questo sabato pomeriggio, sudata e copiosa e assassina, con tutti i crochi che ammazzano, le cose brutte.
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2 commenti:
I tuoi pensieri perduti attraggono come i crochi evanescenti e pietosi, Sempre piaciuti sti crochi che se ti ricordi li ho anche cacciati nel finale del mio ultimo romanzo.
Anche tu in fondo sei come un croco... pensaci bene.
E il caffè?
un po'... :)
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