Andare a correre, di sabato pomeriggio, parcheggiando a caso, in posti dove un tempo sei stato bambino, guardavi i pesci minuscoli, ne sognavi di enormi, di fare il bagno sui sassi bianchissimi. Ti vola davanti un martin pescatore, ed è anni che non ne vedevi uno, di aironi bianchi e grigi ce ne sono sempre, così come di farfalle - di cui cominci a riconoscere la specie - e libellule, che restano sempre distrattamente suddivise in verdi e blu. E dopo un'anatra selvatica grossa quanto un gatto e l'acqua che accompagna l'erba in una sfilata poco silenziosa e impeccabile, ecco che l'animale più bello, dimenticato, è un divoratore di terra, insano, ieratico, che nei suoi toni rugginosi pare dare ai colori intorno una luce impeccabile, icastica; e tutto è bellissimo e delizioso, alla vista dello spirito.
lunedì 30 marzo 2015
domenica 29 marzo 2015
domenica 22 marzo 2015
sabato 21 marzo 2015
lunedì 16 marzo 2015
Singhiozzi temporali
Ti svegli che non ti pare d'esserti addormentato, rannicchiato, spegni prima i foo fighters e poi gli smashing. La terza sveglia non la ricordi nemmeno. Ti svegliano col caffè, di nuovo. Sei viziato. Lo bevi con gli occhi ancora chiusi. Vai in bagno a pisciare dopo aver acceso la radio e fatto partire Gallagher, che tanto assomiglia ai Beatles, a volte, o ai vecchi Oasis, che poi è lo stesso, ma scrive ancora qualche bella canzone e male non fa. Tenti di leggere un paio di pagine dei Grimm, ma ne lasci a metà una che parla di una gallina magica, perché sei troppo rinco anche per quelle. Torni nel letto, ti alzi, accendi il pc, bevi del succo di pomplemo dal cartone, ingoi della macedonia, ti ficchi davanti alla tastiera e liquidi un libro per bambini, sistemi oggetti, carte, vestiti sparsi, esci e spacchi legna. Hai le cose da fare e le alterni. Legna-blog-legna-mail-legna-blog-legna-lenti-legna... aspetti che piova ma non piove ancora. Ti manca da andare nell'altra casa a prepararti il pranzo e la legna per stasera e decidi che sono le dieci e ce la puoi fare a fare una corsa, la fai, poi la doccia, un caffè, altra macedonia, nel tempo di tutto questo hai ascoltato un paio di dischi. Durante una cagata hai finito l'altra metà dei Grimm, la favola non t'è piaciuta. Hai coccolato il gatto, il cane, spostato una gabbia. Hai ficcato in una borsa libri da restituire, una lista di cose da fare che perderai. Metti su chiavetta i file per lavorare a un lavoro mentre sei a un altro. Sei tardi, come sempre, prepari l'insalata, olive, mais, pomodori... corri di là a finire, prendi il pollo, porti la legna, guardi le viole, pensi a dove seminare i peperoncini, a cosa dipingere sul muro, stai per partire ma hai dimenticato il telefono, ripassi a prenderlo, sei più tardi ancora, mentre guidi leggi, detti messaggi, ascolti un terzo disco nuovo, a pezzi. Non è ancora mezzogiorno e ti pare di aver messo in cantiere una giornata intera. Devi comincare a lavorare e ti chiedi perché sei fatto così male, con questa smania di fare cose, dirompente, una via l'altra, e in mezzo a queste altre cento che ti sei sicuramente dimenticato. Provi a ricordarle... hai giocato a zombi tsunami, cambiato la disposizione delle icone sul telefono, scannato dei disegni... decidi che è inutile ricordarne ancora, di sicuro ce ne sono. Continuerai così fino a sera, nei buchi, per ricominciare dopo la mezzanotte, dopo aver portato a casa la donna, preparato le cose per il giorno dopo... a fare cose, farne altre, perché senza aver fatto qualcosa di tuo, ad andare a dormire, non ci riesci. E' come arrendersi, e arrendersi e peggio che perdere, foss'anche il tempo, il tempo soltanto.
domenica 15 marzo 2015
sabato 14 marzo 2015
Un pestaggio
È un sabato buono per andare a vedere un fiume,
Per andare in macchina e riprendersi
Le proprie canzoni:
Gli Otto Ohm, gli Starsailor, i vecchi Marlene,
Persino Lorenzo con le sue trecento parole d'amore.
Accelerare e frenare poco,
Battere il tempo sul volante fino a farlo sanguinare.
E se sangue, come ben sappiamo, non ne ha,
Pregarlo di camminare piano,
Di tenere lontane da noi il più possibile le ombre
Della sera.
Intrico
Da non uscirne, di legno
E di terra, di torba
E di bastone conficcato nella mota;
Di questo è la gabbia, l'intrico,
La parete della casa inabitata,
Ma prigioniera di un bosco.
Il vento a volte guaisce, sposta, dirama,
Divampa lo scricchiolio come attendesse l'edera
Che non verrà, non degnerà né lui né me.
L'osservo, sinuosa, sul muro ruvido del camposanto
Perdersi in smancerie.
giovedì 12 marzo 2015
Rendi
Rendi questo abito di valanghe e tormenti,
Rendi il solco tracciato
Sul viso ostile della cupidigia.
Rendi sterile il livore.
Rendi le tasche, le scarpe,
Rendi ciò che non puoi allacciare
O regalare
O sciogliere.
Rendi le contaminazioni ai rendiconti,
Ai rendimenti, alle rendite,
Perché non è inglese
Non è trendy,
Né brucia quanto il brandy.
E se prendi, o se t'arrendi
E' perché gli incubi non sono tutti brutti:
E' perché gli incubi non sono tutti brutti:
Alcuni
Sono orrendi.
mercoledì 11 marzo 2015
lunedì 9 marzo 2015
Luna di miele
Tu che non hai mai visto la Luna
Come una palla di miele,
La immagini adesso increspata?
Un vento cosmico che scrive nomi
Alieni sulla superficie,
I crateri che aspettano la zampata golosa
Dell'Orsa Maggiore
E una leccata dolciastra sulla faccia
D'ombre e spigoli.
Ora sì, ora che è lassù, forse,
La puoi immaginare.
sabato 7 marzo 2015
Note cornacchie
Il grande maestro vento legge le cornacchie, note bizzarre sull'alta tensione, incuranti nel mutare lo spartito e gettare via di volta in volta le chiavi. Lui non ha bacchetta, ma rami: salici per archi, larici per fiati, l'inverno che ha fatto ottoni di castagni e pioppi. Batte il tempo una quercia spezzata.
venerdì 6 marzo 2015
giovedì 5 marzo 2015
Gallina al volo
Una e dodici, un caffè si fredda, la doccia che si allontana gocciolando sulla tastiera, ascolto un tizio che è un killer dalla faccia di fantasma, ma è solo un rapper, e pure bravo.
Ieri per un pomeriggio mi hanno regalato la speranza del tempo futuro. Ho portato in giro i cani, dormito un quarto d'ora, preparato la cena con il tempo che abbisogna, tirato fuori la bici, pensato alle giornate per cui non avrei dovuto chiedere giornata, ai soldi in meno, ai racconti da rivedere, da scrivere, le fotografie da fare, come la gallina, in volo, indispettita, ma non pavida, dal pino contorto che accentra in sé il mio giardino.
Volava, per un attimo, un frullo rumoroso, ché così è il volo del prigioniero, temporaneo, illusorio, concitato. E così è quella gallina, che mi è rimasta. Oggi sono tornate le ore lunghe, e tante, una via l'altra, oltre il dieci, con le decine di nomi, di immagini, le migliaia di parole, la voce che sfila via come un vento. Il tempo futuro calciato via, lontano, come un sasso verso un tombino.
La gallina è rimasta lì, consacrata al volo.
Almeno lei, nel momento, volerà.
domenica 1 marzo 2015
Crochi assassini
C'era un tempo in cui sentivo la primavera molto, prima, a febbraio, quasi sempre. Era un sentire imponente, improvviso. Non necessariamente fatto di viole o natura. Una volta era capitato a un semaforo, ricordo, un'altra in casa, qui, davanti al monitor. E lì comincia l'anno nuovo. Ora non accade più, e non posso che dolermene, anche se il modo con cui è arrivata ieri è stato bello, dirompente, ma di un dirompente ovvio. Era ancora febbraio, tra l'altro, e non capita tutti gli anni, che l'anno nuovo cominci a febbraio. Forse è una questione di alchimie. Il sabato pomeriggio, l'alchimia di una corsa in un posto giusto, azzeccato, che ti deve venire in mente mentre vai. E anche se non ho trovato i calzini per, e ho usato gli altri, e mi fa ancora male un piede, e anche se poi, alla fine, le cuffie vecchie non hanno poi tutto questo volume, il resto è stato come fette biscottate cadute dalla parte del dorso, e non della marmellata.
Il posto giusto per parcheggiare, con quell'acqua che adesso è fredda e tanta e chiara, che solo se ci sei cresciuto, nelle risorgive, la riconosci, e ti è amica, quel verde dentro ai fiumi, che chiami rogge, dentro ai canali di scolo, che chiami sempre rogge, ma piccoline, è un verde che non serve descrivere, e portarsi le arance, ricordarsene, sbucciarle sul bordo, gettando le bucce in acqua, godendosi la gara tra l'una e l'altra, sotto il ponte, silenziosissimo, ecco, è stato perfetto.
E perfetta è stata la scelta degli Audioslave, ascoltati tutti, interi, con quel primo disco che solo poi, dopo mesi che non l'ascolti, capisci quanto era bello, che a togliere due o tre canzoni, troppo morelliane e/o troppo gnagnose, sarebbe stato perfetto, ma che male c'è a fare volume, quando la cosa perfetta è dentro?
E poi, l'albero bello, uno tra i miei preferiti, io che conosco gli alberi anche se non per nome, lui che l'ho fotografato tante volte, che ora è senza il ramo più grande, che aveva fatto porta, una volta, E che aveva sotto i crochi... pochi, magari, ché i crochi sono come le mosche e possono uccidere le cose, quando sono tanti, ti assalgono, e uccidono le cose, quelle brutte, però. E tanti ce n'erano, prima, in un campo, che non fossi stato a piedi non avrei visto, e invece ho visto, ed anche questo è primavera, come lo è ascoltare solo canzoni belle, anche se normali, accendendo la radio, che povera, anche se tornano i blur e i faith no more e i modest mouse lei ci fa sentire gallagher e gli u2 ma è sempre meglio di niente, e fanno anche loro primavera.
Come la fa la voglia di mare, e le viole, a casa, che sono anche loro arrivate. E anche pagare le bollette, avendo i soldi, e pagarle tutte, tre settimane prima, è bello e allora sia, primavera, questo sabato pomeriggio, sudata e copiosa e assassina, con tutti i crochi che ammazzano, le cose brutte.
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